di Anna Di Vito
È trascorsa una settimana ed il tempo ha smussato gli angoli della polemica. Anche i più fervidi difensori della propria identità ferita, hanno rinfoderato le sciabole. Volevano andare al Codacons, volevano chiedere al Ministero di intervenire, volevano chiedere una modifica del tema della trasmissione, volevano fare ricorsi, volevano che i sindacati, i sindaci, i parlamentari si attivassero, volevano che si promuovessero procedimenti disciplinari.
Poi nel frattempo ognuno ha avuto altro da fare e della questione diffamatoria verso la popolazione dell’ Agro e della provincia di Salerno sono rimasti soltanto un paio, forse tre pezzi scritti da tre testate locali e da due giornalisti (veri), gli altri hanno ritenuto che andasse tutto bene. Inutile il tentativo di raccogliere altri elementi ed altre testimonianze. Anche gli stessi che all’ inizio suonavano la grancassa, dopo qualche giorno hanno ripiegato in ritirata. Rispondono che, in fondo, e’ stata solo un’ apologia dell’ Arma dei Carabinieri, che in fondo è stata solo la solita messa in scena della SputtaNapoli con la narrativa che anche il bravo cittadino debba sembrare un delinquente, è stato che in fondo ci hanno oltraggiato ma lo sappiamo noi che le cose non sono vere, che in fondo se non lo dice tizio perché devo dirlo io, però armiamoci e andate, che in fondo è tutto inutile, è la solita storia e sarà sempre così. E in fondo pregano di non essere nominati, che ne vogliono rimanere fuori, che però avete fatto bene, anzi benissimo a parlarne, che ci vorrebbero più azioni come queste, che non bisogna lasciare spazio alla menzogna, che loro sono la Rai e noi siamo opinionisti locali, che loro sono Roma e noi gli zerbini della Provincia di Salerno, che loro sono loro e noi siamo noi.
È questo il climax e l’ atmosfera che si respirano ad una settimana di tempo da una trasmissione che è stata anche girata a chi voleva ribellarsi alla narrazione della piazza di spaccio di personaggi isolati e di umili con problematiche infinite, che hanno difficoltà anche a permettersi un avvocato, che sono stati raccontati come la prova tangibile della presenza consolidata della Camorra sul territorio. Gente con problemi di salute, donne, anche anziane con acciacchi, in preda a pianti desolanti, raccontate da un giornalista a digiuno di empatia come teatranti.
Quei ribelli, al netto di pochi che hanno rivendicato con passione e forza l’ integrità del territorio e della nobiltà del tessuto sociale e civile della Provincia di Salerno e dell’ Agro Nocerino Sarnese, che hanno abbandonato il campo di battaglia, perché in fondo era solo un fiction,, così sostengono, o forse lo sperano, perché era soltanto l’ ultima menata per il pubblico fanatico di Forze dell’Ordine e Forze Armate, che i Procuratori sono giudici e non dipendono dai Ministeri e possono dire quello che vogliono, che i vari Comandi della Polizia Giudiziaria hanno descritto un quadro contestuale ai fatti narrati nella trasmissione, stimolati da un giornalista di fuori zona, troppo pigro per documentarsi, ed una regia assolutamente disinteressata a farlo.
Su tutto cala l’ indifferenza, l’ indolenza verso certe tematiche, la stanchezza annoiata verso chi ancora tenta un’ ulteriore reazione, un risolino ironico tra i denti verso chi si è esposto e che in fondo cosa credeva che qualcosa emergesse e cambiasse?
Che folli siamo stati a supporre che ci fosse uno scatto di orgoglio che andasse oltre la ritualistica dell’ accomodante accettazione di ruoli cuciti addosso da altri per tutti, senza caratterizzazioni, senza differenze.
Un’ ultima nota a margine su un’ affermazione di un rappresentante dell’ Arma che durante la fiction (???) delle operazioni di polizia, descrivendo i piccoli delinquenti che stavano arrestando con uno squadrone d’ assalto messo in piedi per fare più scena, organizzati in assetto da guerra con cani al seguito, ha affermato che quasi tutti i cittadini della provincia di Salerno, criminali e non, sono teatrali e ribelli alle leggi, alle regole, alle istituzioni.
Ecco come si può notare è l’ esatto opposto. L’ unica partita giocata bene dalla società civile sopradescritta è quella storica, atavica, per il silenzioso dolore che la trafigge mentre impotente finge che nulla sia stato detto e fatto, che “è cos’ e niente”, che è cosa da niente, “nu’ da rett”, non dargli retta, nulla è accaduto. Una ferita che nessuno vuole rimarginare, tranne per pochi istintivi giorni.
Come da sempre.
Nu’ da rett, è cos ‘e niente…
Anna Di Vito. Free lance, conosciuta con lo pseudonimo di Ripley Free Giornalista, studi classici, comunicazione e cronaca di Inchiesta, scrittrice, addetta alla Comunicazione, esperta in giornalismo Investigativo. Autrice di opere di cronaca romanzata noir e thriller. Organizzatrice di eventi culturali. Attenta alle questioni sociali, alle minoranze, ai dimenticati delle istituzioni.