Provincia di Salerno, tra franchi tiratori e democrazia negata

Provincia di Salerno, tra franchi tiratori e democrazia negata

Il caso della presidenza Napoli e il fallimento della Legge Delrio

Le elezioni provinciali che hanno incoronato Vincenzo Napoli nuovo presidente della Provincia di Salerno non si sono concluse senza polemiche e ombre. Se il centrosinistra esulta per la continuità amministrativa a Palazzo Sant’Agostino, il centrodestra si lecca le ferite, ma soprattutto fa i conti con una sonora sconfitta… macchiata da tradimenti interni tra certi e probabili a cominciare dalla città capoluogo per arrivare in provincia, specialmente in zona agro. Secondo i numeri emersi dopo lo scrutinio, al candidato del centrodestra Giuseppe Rinaldi sarebbero mancati almeno 15 voti nel seggio che ha visto protagonisti i Comuni di Sarno e Scafati, come anticipato da Agenda Politica. Una voragine inaspettata che ha immediatamente fatto partire la caccia ai “franchi tiratori”, probabilmente concentrati tutti nello stesso comune e, con ogni probabilità, riconducibili a uno stesso gruppo politico. A Sarno, governata dal centrosinistra con il sindaco Giuseppe Canfora – si sospetta qualche defezione nelle opposizioni. Ma è Scafati, guidata dal forzista Pasquale Aliberti, a finire al centro del giallo. Paradossalmente, Aliberti era stato persino indicato come possibile candidato alla presidenza per tutta la coalizione. Ora invece Forza Italia si trova a fare i conti con una falla interna, tanto che i vertici regionali e provinciali stanno esaminando a fondo l’accaduto per risalire ai responsabili del “fuoco amico”. Un episodio che riaccende la questione – mai sopita – dell’attuale metodo di elezione delle Province, stabilito dalla contestata Legge Delrio, che ha cancellato l’elezione diretta da parte dei cittadini, affidando la scelta dei presidenti ai soli sindaci e consiglieri comunali. Dal 2014 ad oggi, con l’entrata in vigore della Legge in questione, i cittadini della Provincia di Salerno non hanno più avuto voce in capitolo sulla guida dell’ente. In poco più di dieci anni, sono stati quattro i presidenti eletti senza il voto popolare, tutti espressione di dinamiche interne ai partiti più che della volontà democratica. Il primo fu Giuseppe Canfora, ex sindaco di Sarno, che vinse contro Giovanni Romano salvo poi decadere per una condanna definitiva. Gli succedette Michele Strianese, sindaco di San Valentino Torio, che ottenne il record di consensi con un 71% che ancora oggi resta imbattuto. Nel 2022 fu il turno di Franco Alfieri, eletto con il 69% ma costretto alle dimissioni nel 2024 a causa di una bufera giudiziaria che lo ha condotto agli arresti domiciliari e che ha dato origine alle elezioni di domenica scorsa che ha visto Vincenzo Napoli, sindaco di Salerno, eletto con il 65% in un clima teso, segnato dallo sfogo pubblico della moglie, Giovanna Doria, che sui social ha dichiarato: “Io non condivido questa nomina”, denunciando indirettamente il peso di un incarico più imposto che scelto. Le elezioni di Vincenzo Napoli, con tutte le polemiche che le hanno accompagnate, rappresentano l’ennesima dimostrazione del fallimento della Legge Delrio, approvata nel 2014 con l’obiettivo – mai pienamente realizzato – di ridurre i costi della politica. In realtà, la riforma ha trasformato le Province in enti semi-commissariati, privi di legittimazione popolare e dominati da logiche spartitorie interne ai partiti. Il ritorno al voto diretto per i cittadini non è solo auspicabile: è una necessità democratica e sulla quale si sta battendo in prima linea il partito “Noi Moderati”. L’attuale sistema priva i territori di una guida espressa dal popolo e favorisce giochi di potere, vendette trasversali e alleanze di comodo. In questo contesto, i franchi tiratori diventano non un’anomalia, ma una conseguenza fisiologica di un sistema che ha spento la voce dei cittadini.

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